Linfoma di Hodgkin in stadio avanzato: possibile un nuovo standard di cura nel paziente anziano

Il paziente anziano (età ≥ 60 anni) affetto da Linfoma di Hodgkin (LH) in stadio avanzato (stadi 3-4) ha in generale una risposta meno efficace ai trattamenti oggi adottati a causa della fragilità generale e della presenza di altre patologie concomitanti. Uno studio, presentato all’ultimo congresso dell’American Society of Hematology, ha coinvolto un totale di 97 pazienti con un’età mediana di 66 anni (range 60-83 anni) per confrontare un nuova combinazione di farmaci e verificarne la tollerabilità rispetto all’approccio standard. Scopri i risultati.

Un interessante studio, presentato all’ASH 2023, ha riguardato il trattamento dei pazienti più anziani (età ≥ 60 anni) affetti da Linfoma di Hodgkin (LH) in stadio avanzato (stadi 3-4). In ragione di una maggiore, generale fragilità, della presenza di un maggior numero di comorbidità e di una ridotta tolleranza alla chemioterapia, questa malattia si associa infatti a una minore sopravvivenza nei pazienti più anziani rispetto ai pazienti giovani. Pertanto, Il miglior trattamento in questa categoria di pazienti è ancora oggetto di dibattito.

Il presente studio rappresenta una sottoanalisi del trial SWOG S1826 e confronta il trattamento standard cosiddetto AVD, consistente nell’associazione di Doxorubicina, Vinblastina e Dacarbazina + Brentuximab Vedotin, un anticorpo monoclonale anti-CD30, abbreviato in Bv, (Bv-AVD) rispetto a Nivolumab + AVD (N-AVD), un inibitore del patwhay PD1, molto attivo nella malattia. L’obbiettivo principale dello studio era analizzare la sopravvivenza libera da progressione di malattia (PFS, progression-free survival), andando poi a valutare la sopravvivenza globale e la tossicità delle due terapie.

Un totale di 97 pazienti è stato coinvolto nello studio (48 in N-AVD e 49 in Bv-AVD), con un’età mediana di 66 anni (range 60-83 anni). Da un punto di vista della tollerabilità, il numero di neutropenie febbrili, sepsi e infezioni è risultato minore nel gruppo N-AVD rispetto a Bv-AVD, così come l’incidenza di neuropatia periferica e di sintomi gastrointestinali. Da un punto di vista dell’efficacia, con un follow-up mediano di 12 mesi, la PFS è risultata maggiore nel gruppo N-AVD, con una PFS del 93% rispetto al 64% del gruppo Bv-AVD; la mortalità da tossicità e non legata alla recidiva di malattia è risultata del 4% nel primo gruppo rispetto al 14% del secondo. Inoltre, un numero maggiore di pazienti ha dovuto interrompere la terapia nel braccio col brentuximab rispetto a quello col nivolumab, sia per progressione di malattia, sia per la comparsa di effetti collaterali.

Lo studio ha quindi concluso che in questo setting particolare di pazienti, il regime N-AVD ha dimostrato risultati migliori rispetto al Bv-AVD in termini di sicurezza e di efficacia, ponendo le basi per un nuovo standard di cura dei pazienti anziani con Linfoma di Hodgkin in stadio avanzato.

 

Fonte

Blood 2023;142 (Suppl.1):181

https://doi.org/10.1182/blood-2023-180114