Quasi la totalità dei pazienti con leucemia mieloide acuta devono
essere sottoposti ad una terapia. Il piano terapeutico dipende da
diversi fattori tra cui:
- età del paziente e le condizioni cliniche
- sottotipo di LMA
- presenza di malattia nel sistema nervoso centrale
- presenza di gravi infezioni alla diagnosi
- storia di precedente mielodisplasia o di precedenti terapie radio-chemioterapiche
Nella maggior parte dei casi il trattamento di scelta è rappresentato
dalla chemioterapia secondo schemi inseriti nell’ambito di protocolli
clinici condivisi da numerosi centri di Ematologia con esperienza nel
campo della cura delle leucemie acute. La terapia si distingue in
intensiva e conservativa.
Nei pazienti con età maggiore di 60-65 anni la chemioterapia
intensiva ha spesso risultati inferiori rispetto ai più giovani. Questo è
in relazione sia ad una maggiore frequenza di caratteristiche
biologiche più aggressive rispetto alle leucemie dei soggetti più
giovani, sia ad una maggiore fragilità clinica dei soggetti più anziani.
nonostante ciò, sulla scorta dei risultati clinici fino ad oggi
disponibili, la possibilità di porre l’indicazione per una chemioterapia
intensiva va sempre presa in considerazione anche nei soggetti di età
maggiore di 60-65 anni, previa un’attenta ed approfondita valutazione
delle caratteristiche della leucemia e del paziente.
La chemioterapia intensiva molto spesso abbina almeno due
chemioterapici allo scopo di ottenere la remissione completa di
malattia. Quella conservativa ha l’obiettivo di attuare un controllo
temporaneo della progressione della malattia senza cercare la remissione
completa e prevede solitamente l’uso di un solo chemioterapico. La
terapia della leucemia mieloide acuta prevede:
Chemioterapia
Ha lo scopo di eliminare le cellule leucemiche presenti nel midollo
osseo e nel sangue così da permettere alle cellule immature normali
residue del midollo di crescere e maturare per produrre cellule normali
del sangue. Nella terapia intensiva i chemioterapici sono somministrati
per via endovenosa, nella terapia conservativa possono essere
somministrati anche per bocca. La chemioterapia intensiva viene
somministrata in regime di ricovero, durante il quale il paziente viene
sottoposto ad uno stretto monitoraggio dei valori dell’emocromo che
raggiungono livelli molto bassi sia di globuli bianchi, sia di rossi e
piastrine (fase di aplasia). La fase di aplasia può complicarsi con
infezioni talora gravi che richiedono una complessa terapia antibiotica.
La fase iniziale della chemioterapia intensiva viene denominata
chemioterapia di induzione mentre le fasi successive chemioterapia di
consolidamento e/o di mantenimento. Nella larga maggioranza dei
protocolli clinici la chemioterapia di induzione si basa
sull’associazione di 2 chemioterapici, un‘antraciclina (va ricordato che
le antraciclinie furono scoperte in Italia) e la citarabina. La
chemioterapia di consolidamento e/o di mantenimento possono avere
modalità leggermente diverse in base ai diversi protocolli clinici. Al
termine della chemioterapia di induzione ed in alcuni casi anche delle
terapie di consolidamento/mantenimento, vengono ripetute alcune analisi
sul midollo osseo e sul sangue periferico per definire la risposta al
trattamento
Catetere venoso
Data la necessità di utilizzare molto frequente la via di
somministrazione endovenosa, in particolare nella terapia intensiva, si
posiziona di un catetere venoso centrale (CVC) in una vena del collo o
sotto la clavicola. Il catetere è solitamente “tunnellizzato” ovvero una
sua piccola porzione decorre sottocute prima di entrare nella vena
succlavia, allo scopo di garantire una prolungata permanenza, una pronta
accessibilità agli operatori e una più bassa incidenza di infezioni.
Grazie al catetere venoso centrale vengono facilitati i prelievi di
sangue, le trasfusioni di sangue e l’infusione di chemioterapici e
antibiotici.
Trasfusioni
A seguito della chemioterapia, i valori dell’emocromo scendono spesso
a livelli molto bassi prima che le cellule normali del sangue
ricomincino a crescere. In questa fase è molto frequente che i pazienti
debbano ricorrere a trasfusioni di globuli rossi e di piastrine. In
Humanitas l’Unità Operativa di Ematologia ha maturato un’adeguata
esperienza nella gestione delle complicanze della fase di aplasia
post-chemioterapica nella cura delle leucemie acute.
Risposta al trattamento
Se la chemioterapia di induzione ha successo, il paziente ottiene la
remissione completa della malattia. I valori dell’emocromo tornano nella
norma (o quasi), il numero di cellule leucemiche (blasti) all’analisi
morfologica del midollo osseo è <5% ed il paziente è solitamente in
grado di lasciare l’ospedale. Le terapie di consolidamento/mantenimento
hanno lo scopo di mantenere la remissione completa il più a lungo
possibile, e fino al trapianto per coloro che possono essere avviati a
tale procedura. La durata della chemioterapia e l’indicazione al
trapianto dipendono dal tipo di leucemia, dalla sua categoria di rischio
e dalle condizioni del paziente.
Trapianto di cellule staminali emopoietiche
Fino a 65 anni di età, i pazienti affetti da LMA possono essere
candidati al trapianto di midollo. Il trapianto di midollo autologo
(ovvero utilizzando le proprie cellule staminali emopoietiche) trova
limitate indicazioni nella LMA.
Il trapianto allogenico (ovvero utilizzando le cellule staminali
emopoietiche di un donatore sano) trova piena indicazione per tutte le
leucemie acute ad alto rischio che raggiungono la remissione completa.
La decisione di candidare un paziente con leucemia al trapianto autologo
o allogenico è in relazione al tipo di leucemia, alla sua categoria di
rischio, all’età del paziente, alle sue condizioni cliniche e si
accompagna sempre ad un approfondito colloquio con i medici dell’Unità
Trapianto su potenziali rischi e benefici. Le leucemie a buona prognosi
non vengono mai candidate al trapianto, a meno che nel corso del
trattamento si assista ad una ricaduta della malattia o la risposta
venga giudicata insoddisfacente o incompleta.
Il trapianto allogenico resta l’unica arma in grado di offrire una
speranza di guarigione anche in leucemie in fase avanzata o refrattarie
ai trattamenti convenzionali. Humanitas ha maturato un’adeguata
esperienza in campo trapiantologico, è accreditato per il trapianto da
donatore non consanguineo ed offre la possibilità del trapianto da
sorgenti alternative come cordone ombelicale e donatore familiare
aploidentico o parzialmente compatibile.
.